Chiamalo, se Vuoi Smart Working

Disclaimer: se questo post vi sembra provocatorio, è esattamente il suo obiettivo :)

La particolare situazione che il nostro Paese sta affrontando ha portato alla ribalta concetti “nuovi” e ad un tratto ci siamo trovati ad utilizzare termini come smart working, spesso senza saperne il significato.

Sì, è vero, fa molto 2020 poter dire “Faccio smart working”. Ma siamo davvero sicuri di sapere cosa è lo smart working? Siete veramente sicuri che quello che la maggior parte delle aziende ancora aperte stanno facendo sia smart working?

Facciamo un gioco, provate a rispondere a queste domande prima di proseguire con la lettura:

  1. Quanta flessibilità avete sul vostro orario?
  2. Quanta autonomia avete nella gestione della vostra giornata lavorativa?

Se, escludendo il fatto che non state lavorando in ufficio, la vostra giornata lavorativa è basata sul classico orario 9-18 (magari anche verificato da timbrature fatte con qualche supporto digitale), se non potete decidere che stamattina potete dormire e gestire le attività spalmandole nel resto della giornata senza che vi sentiate (o vi facciano sentire) in colpa perché i vostri colleghi stanno lavorando normalmente, allora mi dispiace ma non state facendo smart working.

Adesso direte: “Si ok, tante parole ma ancora non hai spiegato nulla”. Per dare un minimo di autorevolezza, vi cito la definizione data da osservatori.net:

Smart Working significa ripensare il telelavoro in un’ottica più intelligente, mettere in discussione i tradizionali vincoli legati a luogo e orario lasciando alle persone maggiore autonomia nel definire le modalità di lavoro a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Autonomia, ma anche flessibilità, responsabilizzazione, valorizzazione dei talenti e fiducia diventano i principi chiave di questo nuovo approccio. (fonte https://blog.osservatori.net/it_it/cos%C3%A8-lo-smart-working)

Questo cosa vuol dire? Vuol dire che la persona deve poter essere autonoma, nel rispetto degli altri componenti del team in cui lavora, nel gestire la propria giornata per intersecare la propria vita lavorativa con quella personale con l’obiettivo di massimizzare la produttività. Per fare questo è necessaria una grande fiducia da parte di tutto il team e dei manager, l’uno nei confronti dell’altro (cosa che, ahimè, non è ancora del tutto consolidata nella realtà italiana).

Quindi, se vi trovate nei concetti descritti sopra allora ottimo siete degli smart worker, altrimenti cerchiamo di chiamarlo con un termine più corretto, ad esempio Remote working o lavoro remoto (se preferite l’italiano).

Fare davvero smart working non è una cosa semplice, In Italia le aziende che fanno smart working sul serio sono pochissime, richiede un cambio di mentalità che, dal mio punto di vista, è ancora molto lontano per la maggior parte delle realtà lavorative italiane non legate al mondo IT.

Questo non significa che stiamo facendo le cose male, sono tutte scelte che devono essere valutate in base al contesto, cerchiamo solo di imparare a dare il giusto nome ai concetti.

Se volete approfondire i concetti di smartworking, vi consiglio la visione di questo meetup, tenuto da Avanscoperta il 16 Marzo 2020 che ha visto la partecipazione di professionisti che normalmente applicano i processi di smartworking:

Buona visione!

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